CRISIS COMMUNICATION: Video Intervista con Ginevra Testa

COME ORGANIZZARE UN CONCORSO A PREMIO

La prima volta che ti sei avvicinata al marketing?

Direi che la prima volta in cui mi sono avvicinata al marketing è stata durante la mia Laurea Magistrale in Management durante la quale ho partecipato a tantissimi progetti, insieme a colleghi, che prevedevano ad esempio la realizzazione di business plan aziendali piuttosto che ad esempio la creazione di buyer personas e la definizione delle diverse strategie comunicative adottabili, considerando le loro caratteristiche sociodemografiche piuttosto che i loro interessi. Mi ricordo benissimo ancora lo slogan ideato per questo progetto, insieme al resto della squadra, “Un vagone di desideri”. Proprio in questa occasione ho capito che mi sarei voluta avvicinare in questo mondo sempre maggiormente in quanto consente di stimolare la propria creatività senza tralasciare la sperimentazione continua e la valutazione concreta dei risultati ottenuti prima di procedere in altre iniziative.

Cosa fare da grande? (percorso universitario, lavoro in azienda, consulenza…)

Questa è davvero una bella domanda, nel senso che appena mi sono laureata a livello Magistrale eravamo proprio a cavallo della pandemia di Covid-19. Pandemia che ha reso per me forse ancora più complicato questo momento di transizione dal mondo dello studio a quello del lavoro proprio perché sono mancate quelle interazioni quotidiane che ti possono aiutare nel prendere la strada giusta. Fin da bambina ero molto attirata dalle grandi aziende in quanto li ho sempre percepiti come dei colossi di dimensioni gigantesche dove ogni manovra poteva essere davvero molto pericolosa per il successo di un business. Ho avuto un’esperienza appunto in questo tipo di aziende e ho costatato quanto si può stare stretti in un’azienda di questo genere, dove la tua voce è davvero non udibile e dove non importa a volte la bravura delle persone. Forse proprio da questa esperienza ho trovato nuovamente il desiderio di iniziare un percorso totalmente diverso ovvero il dottorato di ricerca. Percorso che molto spesso le persone non conoscono e quindi ti trovi spesso a dover descrivere cosa fai e di che cosa ti occupi. Nel mio caso mi occupo del tema principale della crisis communication e del crisis management, sempre più importante oggi giorno. Mi sono innamorata del processo in cui arrivi ad ottenere un elaborato anche qua c’è molta creatività nella definizione iniziale del progetto e di che cosa andare ad indagare, nelle fasi successive di ricerca c’è molto rigore per poi giungere alla fase di analisi dei risultati. Devo ammettere che la realizzazione di un lavoro dall’inizio alla fine che porti a dei risultati effettivamente significativi e applicabili anche in altri contesti è davvero soddisfacente ed emozionante.

Papers, o pubblicazioni scientifiche. Cosa sono ed è facile ottenerle?

I papers o pubblicazioni scientifiche sono appunto dei lavori di ricerca che seguono determinati criteri e metodologie volte ad evidenziare i gap di ricerca e quindi spazi in letteratura in cui si può ancora far sentire la propria voce, apportando un contributo che sia originale e nuovo. Ogni area economica e manageriale ha diverse riviste scientifiche, suddivise in vari livelli di ranking (ad esempio un ranking da considerare è l’Academic Journal Guide) che consente di definire la bontà di una rivista. La pubblicazione in questo genere non è per niente facile ma penso sia corretto proprio per evitare che in riviste importanti vengano pubblicati articoli di poco valore o scarsamente utili. Allo stesso tempo, soprattutto nelle prime fasi di questa carriera è necessario porre attenzione a tutte quelle che sono le riviste predatorie cioè che cercano di far passare molti più articoli di quello che avrebbe fatto una rivista scientifica effettivamente di valore. Quindi si aprono molti elementi da considerare nonché la considerazione delle tempistiche davvero lunghe nella pubblicazione di un lavoro in quanto una volta sottomesso, perverranno numerose revisioni da implementare da parte di specialisti del settore che ti consentiranno di migliorare ulteriormente il tuo elaborato. Critiche che devono essere prese a livello costruttivo piuttosto che a livello personale, nonostante dopo aver passato più di 6 mesi su un progetto ovviamente ci si affezioni ad esso.

Sindrome impostore – più studi e meno pensi di sapere… in compenso un sacco di ragazzini sul web dispensano saggezza…

Esattamente, io sono proprio quel tipo di persona che ha sempre timore di non saper abbastanza quando invece le persone esprimono il loro parere e giudizio liberamente, senza alcuna preoccupazione. Penso che questo sia innato in qualsiasi persona che studia, legge e ricerca su un certo argomento e che si sia veramente applicata su un tema specifico. Solo a quel punto si percepisce veramente quanto gli argomenti siano più complessi, più collegati e più profondi di semplici sentenze lasciate sul web. Credo che proprio una visione d’insieme su certi elementi collegati alla propria specializzazione consentano alle persone di essere altamente preparate e di prevedere in questo modo le tendenze future del mercato.

Definizione di Crisis Communication

In questo caso si deve partire dalla comprensione dell’evento scatenante di una crisi quello che viene definito “shock event” e che può essere di vario tipo. La natura può essere prettamente esterna e quindi al di fuori del controllo dell’organizzazione come la pandemia che abbiamo vissuto, eventi naturali (quali terremoti, uragani) o attacchi terroristici. Un’altra categoria di eventi critici ed emergenze nasce invece all’interno dell’organizzazione e può essere dovuta ad una situazione di dolo o ad un errore. Dall’emergere di una situazione di crisi si possono alimentare tantissimi effetti negati sulle aziende, andando a danneggiare l’immagine e la reputazione aziendale. Per questo è fondamentale pianificare le comunicazioni, in base ai vari scenari, per accorciare il tempo di recupero e facilitare il superamento della crisi.

Sentiment Analisys e Content Analisys nella Crisis Communication: la differenza.
Eventuali programmi utili nella crisis communication e sentiment analisys

Per quanto riguarda la metodologia utilizzata negli studi di comunicazione ci possono essere metodologie più quantitative o più qualitative. A volte, l’adozione di un metodo misto può essere più robusta e offrire risultati più validi. Ad ogni modo la content analysis mi consente di analizzare a livello corporate quindi lato azienda quali strategie sono state messe in atto supponiamo durante un determinato evento su vari canali. In questo senso, ad esempio per studiare le strategie di comunicazione adottate sui social media si possono usare tecniche di text mining che aiutano ad estrapolare le informazioni inviate, ripulirle e analizzarle creando dei clusters distinti. Per fare questo si possono utilizzare tanti software o app come KNIME (per Twitter), Facepager (Per Facebook) o procedere utilizzando il dizionario di Python NLKT natural language toolkit che esegue le stesse procedure menzionate prima.

KNIME: https://www.knime.com/nodeguide/other-analytics-types/text-processing
NLKT Python: https://www.nltk.org/

La sentiment analysis al contrario viene utilizzata per studiare il lato consumer e quindi il grado di apprezzamento di una determinata strategia comunicativa andando ad analizzare ad esempio i mi piace ad una comunicazione o i commenti lasciati dagli utenti sotto una certa comunicazione aziendale. In questo caso il commento viene suddiviso nelle varie parole e ad ogni parola viene assegnato un valore che può andare da -1 (negativo) a 1 (positivo). Un esempio è IBM o anche

KNIME: https://www.knime.com/knime-applications/social-media-sentiment-analysis
IBM: https://www.ibm.com/it-it/cloud/watson-natural-language-understanding

Pensi che questo tipo di ricerche sia utili praticamente alle aziende? A volte ho la sensazione che ci sia scollamento tra università e mondo delle imprese…

Si penso che siano davvero delle analisi utilissime per capire l’efficacia di una strategia e cosa i consumatori prediligono.
Questo forte scollegamento penso che si stia nel tempo livellando, in passato si notava un forte divario quasi incolmabile. Oggi penso che le differenze di visione e di approccio si stiano assottigliando, anche nelle metodologie di ricerca e lavoro, e noto che i punti di contatto stanno aumentando. Ad esempio, in molte conferenze, occasione di presentazione di lavori accademici su una particolare area di ricerca, i managers partecipanti e interessanti al dibattito sono molti. Penso che su questo aspetto ci si possa ancora lavorare molto e spero che le nuove generazioni aiutino e favoriscano questa collaborazione.

Dove possono nascere le crisi? Eventi imprevedibili, pubblicità, gestione errata social, comunicazioni del management?

Le crisi possono nascere quindi esternamente ed in questo caso si tratta di avvenimenti imprevedibili. Pur essendo imprevedibili, l’azienda dovrebbe comunque tutelarsi preparando a priori una serie di scenari in grado di valutare la fattibilità di tutti quegli eventi che possono intaccare maggiormente il mio business. Ad esempio, se parliamo di organizzazioni che operano nel mondo dei trasporti nei loro scenari non dovranno mancare minacce alla sicurezza, come attacchi terroristici, ma anche scenari che considerino cattive situazioni meteorologiche piuttosto che incidenti per guasti. Se si tratta di aziende che operano nel mondo dell’alimentare l’analisi degli scenari dovrà tenere in considerazione problematiche a livello di qualità dei prodotti, di ingredienti utilizzati e di materie prime ad esempio.
Quindi, è essenziale redigere una serie di scenari che consentano a grandi linee di mappare tutti i potenziali casi di shock che la nostra organizzazione potrebbe vivere al fine di poter pensare anticipatamente, senza la pressione della situazione, alla giusta comunicazione da veicolare, i giusti canali da considerare e tutti gli aspetti del crisis management.

Aspetti che molto spesso vengono tralasciati ma che sono la maggior parte dei casi di crisi che si vivono quotidianamente derivano da errori di valutazione compiuti dalle aziende a livello di pubblicità che si va a scontrare con la propria mission e i propri valori piuttosto che spot pubblicitari non adeguatamente valutati prima della loro pubblicazione. L’azienda dovrebbe sempre avere in mente di tutelare la propria immagine e la propria reputazione, in quanto risorse costante molto durante la vita dell’azienda, e cercare di limitare il più possibile situazioni che vadano a distruggerle.

Per capire meglio mi fai qualche esempio di caso studio?

Un esempio potrebbe essere ad esempio Starbucks che a seguito di un avvenimento accaduto in uno specifico punto vendita ha compromesso il rispetto dei loro valori e della loro mission ovvero il fatto che da sempre l’azienda in questione voglia assicurare ai propri clienti uno spazio dove poter lavorare e stare mentre si beve una bevanda. L’efficacia della gestione della crisi è stata determinata dalla veloce risposta del CEO aziendale e da tutte le iniziative intraprese come una giornata di chiusura di diversi punti vendita per consentire la persona di riavviarci e riallinearsi ai valori aziendali. Questo ha suscitato grande fermento e un’immagine positiva dell’azienda in quanto veloce e reattiva nel gestire la situazione e veramente pronta a mettersi gioco chiudendo i propri negozi per assicurare il benessere delle persone che torneranno nel loro punto vendita successivamente.

Nel caso invece di Balenciaga, ad esempio, e il recente scandalo è stato determinato, dal mio punto di vista, principalmente da una mancanza di valutazione degli effetti che un certo tipo di spot pubblicitario può causare nel pubblico e da un’eccessiva voglia di far parlare il pubblico un po come si dice “basta che se ne parli”.

Cosa ne pensi del “basta che se ne parli”?

Penso che sia un approccio che in passato ha portato validi risultati a livello di awareness e quindi conoscenza del pubblico in merito ad un certo brand, ad esempio veicolando contenuti su mezzi di comunicazione di massa come la televisione. Oggi considerando l’attenzione maggiore dei consumatori, e soprattutto delle nuove generazioni, più attente a tutto il mondo della responsabilità sociale e ambientale penso che le aziende prima di lanciare una campagna pubblicitaria debbano valutare attentamente i contenuti veicolati, i canali di comunicazione scelte e l’aderenza rispetto all’azienda che vogliono personificare. L’allineamento tra la comunicazione e i valori è sempre più essenziale per aumentare la lealtà dei propri consumatori, sempre più soggetti a varie informazioni e a varie proposte, al fine proprio di creare un’offerta che sia percepita come personalizzata o customizzata sulle esigenze dei clienti. Per questo si parla sempre di più di vari buyer personas che vengono pensati per l’azienda, soprattutto se startup, ma che devono essere quasi costantemente testati per capire i canali che performano bene rispetto a quelli dai quali non si ottengono i risultati sperati.

Secondo te le aziende italiane sono preparate a fronteggiare una crisi?

Se devo rispondere sinceramente direi assolutamente di no, forse proprio perché nella cultura italiana manca quella propensione a pensare a “come andrebbero le cose se non andasse come previsto?”. Si pensa molto di più alla strada vincente cercando quasi di non considerare gli ostacoli e le possibili difficoltà proprio per ovviarle ma in questo modo non si fa altro che ingigantirle ulteriormente. La cosa essenziale per superare indenni una crisi, così come dichiarato dai tanti modelli presenti in letteratura di crisis communication e crisis management, partono proprio dall’analisi e dalla preparazione rispetto a qualcosa che è andato male proprio per capire in passato come si è affrontata la situazione e delineare quelle che sono le lezioni per gli eventi futuri potenziali. Credo che questo sia un elemento davvero essenziale, anche per chi non si occupa di questo tema, ma porre attenzione a quanto fatto precedentemente alimenta la nostra resilienza e la nostra capacità di rialzarci dopo un errore, avendo capito e interiorizzato i propri sbagli.

Noti differenze con la gestione delle crisi che fanno, ad esempio, le aziende statunitensi?

Si il mondo statunitense a questo riguardo è molto più avanti in quanto si è generata una consapevolezza dell’importanza della gestione delle emergenze anni luce davanti a noi. Per loro è proprio una materia/un argomento di rilevanza sia per accademici che per pratictioners su cui discutere e ragionare e dove ad esempio anche il mondo della consulenza è davvero molto spinto e reattivi. In Italia, nemmeno tutte le grandi aziende hanno dei crisis team e se ci sono restano molto staccati dal resto delle divisioni aziendali cosa assolutamente errata in quanto per funzionare correttamente è essenziale la collaborazione con altri dipartimenti come ad esempio il mondo delle pubbliche relazioni al fine di rilasciare le giuste dichiarazioni mediatiche cosi come ad esempio anche il mondo della produzione e delle operation magari per rispondere a delle critiche da parte dei consumatori su certi elementi di un prodotto o sul suo funzionamento.

Fino a ora ci siamo riferiti a grandi aziende, ma l’Italia è anche la patria delle piccole e micro imprese.

Esatto il fatto di creare dei crisis communication team può essere particolarmente difficile in aziende piccole o in microimprese. Considero però essenziale magari la presenza anche di una sola persona ma che consideri tali elementi perché ne giova della sopravvivenza dell’azienda soprattutto in contesti cosi stimolanti e mutevoli come quelli che stiamo vivendo oggi giorno.

So che esistono metodi che utilizzi anche tu per la gestione delle crisi in tre fasi? Me lo illustri?
(prevenzione, gestione e risoluzione della crisi). Cosa dovrebbe fare un’azienda in ogni fase?

Le aziende dovrebbero quindi partire dalla realizzazione dei vari scenari, come spiegato precedentemente, fissando già in anticipo quelli che potrebbero essere gli stakeholders coinvolti in una crisi. Ad esempio, supponiamo che ci sia un’emergenza all’interno del nostro edificio aziendale e che sia scoppiato un incendio. A questo punto sarà nostra cura dare comunicazione imminente a tutto il personale per l’uscita con gli adeguati sistemi di comunicazione ma successivamente, dopo aver messo al riparo le persone all’interno della struttura, sarà importante ugualmente pensare ad un messaggio da veicolare a tutti i clienti, fornitori o stakeholders che potrebbero recarsi presso la struttura. Il fatto di avere un database aggiornato per le varie tipologie di stakeholders è particolarmente essenziale per rendere agevoli e veloci queste procedure.

Un punto essenziale della gestione sarà quindi la definizione di una comunicazione da veicolare esternamente ad esempio arricchendo e specificando le cause piuttosto che altri elementi in modo tale da offrire al pubblico tutte le informazioni che altrimenti andrebbe a cercare online e che potrebbero essere fornite esternamente da altri soggetti, e quindi non dall’azienda, in modo errato. Quindi costruire una comunicazione che sia veloce, ricca di informazioni, aggiornata e che venga veicolata al pubblico. Il pubblico in questi contesti vuole essere aggiornato periodicamente ed informato.

Dalla creazione dello statement e dello speak person scelto dall’azienda per veicolare il contenuto si potranno delineare due strategie:
– Strategie più accomodanti
– Strategie più difensive

La scelta tra queste dipende dal grado di responsabilità che l’azienda vuole assumersi rispetto all’accaduto. Solitamente la strategia più vincente, a parte in qualche occasione specifica, è quella delle scuse proprio per limitare i danni, conteneteli il più possibile e focalizzarsi sulla ripresa del business e delle attività.

Potresti darci 5 consigli, poi dalla regia chiederemo di inserire come slide, sulla gestione di una crisi, le pillole che ognuno di noi dovrebbe tenere sempre a mente?

Certo,

1 = Definire scenari antecedentemente ad una crisi, valutando la probabilità e la fattibilità di una situazione.

2 = Definisci potenziali comunicazioni e delinea lo spoke person che meglio riuscirà ad affrontare situazioni di elevata pressione e difficoltà mediatica.

3 = Raccogli informazioni sull’accaduto in maniera tale da veicolare una comunicazione chiara, trasparente e sincera.

4 = Decidi la strategia da adottare, accomodante o difensiva, e sui successivi steps da seguire come ad esempio quali iniziative intraprendere, cosa modificare e cosa cambiare.

5 = Apprendi da quanto fatto, imparando dagli errori e ricordandoti le cose avvenute con successo.

Libro consigliato?

Per tutto quello che riguarda il mondo della crisis communication consiglio vivamente i lavori dell’autore Timothy Coombs, un vero e proprio guru e mentore per questo mondo come ad esempio il suo libro Ongoing Crisis Communication: Planning, Managing, and Responding.

Pensi che il meglio debba ancora venire?

Senza dubbio, nonostante le difficoltà che in certe giornate si possono riscontrare penso che sia un ottimo percorso al fine anche personale in quanto la rende persona sempre più curiosa, sempre più attenta al divenire e non si limita all’assunzione delle informazioni veicolate tra i media ma cerca di analizzarle e valutarle. Questo penso sia il più grande insegnamento che durante il percorso scolastico, universitario e accademico mi sono sempre portata con me quello di non fermarsi davanti ad una difficoltà, apprendere cose nuove con la solita voglia di imparare…

Iscriviti al canale Youtube per non perderti i prossimi contenuti
https://www.youtube.com/@gianluca_testa

E ricordati… È vero che le vie del marketing sono infinite ma solo lo studio e l’esperienza ti faranno imboccare la più veloce e profittevole

Gianluca Testa
Marketing Consultant
Founder 4incentive.it, 4contest.it, MemoBrand.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *